“Arte a Gaeta: la Cappella d’Oro e il suo ciclo pittorico” di Marco Tedesco, storico dell’arte delegato RAM Formia-Gaeta
La città di Gaeta in provincia di Latina, non smette di rivelare sorprese dal punto di vista storico artistico. Basta inoltrarsi nel centro storico della cittadina per scovare un luogo di culto unico nel suo genere: la Cappella dell’Immacolata Concezione, meglio conosciuta come la Cappella d’oro.
Questo autentico gioiello, è custodito all’interno del Santuario della Santissima Annunziata, uno scrigno unico che annovera in esso pagine intere di storia dell’arte moderna.
La Cappella d’oro si presenta come un’edificio a navata unita, con un soffitto caratterizzato da una volta a botte decorata a cassettoni con archi ribassati inseriti per fungere da contrafforti all’interno della originaria superficie muraria medioevale. Infatti, come tutto il complesso monumentale dell’Annunziata, la costruzione della Cappella D’oro ebbe inizio nel 1320, ma fu completata con l’attuale decorazione in oro zecchino solo nel 1531.
Al periodo barocco, risale invece l’elegante portale esterno realizzato dal napoletano Dionisio Lazzari, figlio di Jacopo Lazzari, il quale realizzò nel 1673 anche l’altare maggiore del Santuario della Santissima Annunziata.
Il ciclo pittorico
Nella parte superiore delle pareti, vi è un pregevole ciclo pittorico realizzato per la maggior parte da Giovan Filippo Criscuolo nel 1531, mentre sulla parete centrale vi è la tela realizzata da Scipione Pulzone nel 1582, raffigurante l’Immacolata Concezione.
Criscuolo, nato a Gaeta nel 1495 e morto a Terracina tra il 1570 e il 1584, studiò presso la bottega di Andrea Sabatini da Salerno, al quale è attribuito l’interessante Polittico dell’Annunciazione del Santuario della Santissima Annunziata di Gaeta del 1521. In quegli anni, Giovan Filippo Criscuolo collaborò con il maestro attivamente fino al 1529/1530, periodo in cui venne a mancare Andrea da Salerno. Alla morte del maestro, scrive Francesco Abbate “Criscuolo ha gia ereditato o si appresta ad ereditarne il ruolo e forse le commissioni, in virtù del fatto di essere diventato in quegli anni la personalità più rappresentativa del suo giro” (Francesco Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale, il Cinquecento, Roma, 2001, Donzelli Editore, p. 67)
Dell’intero ciclo pittorico della Cappella d’oro, 19 sono le tavole attribuite al Criscuolo. Si tratta di storie dell’infanzia e della predica di Cristo e storie di Maria. Lungo la parete destra, sono raffigurate, dalla parete d’ingresso: Le nozze di Cana, Sinite Parvulos, Il battesimo di Cristo, Cristo discute con i Dottori nel Tempio, la Visitazione e la Natività di Maria. Le tavole della parete di sinistra, dalla parete di fondo, raffigurano: la Natività, il Sogno di Giuseppe, la Fuga in Egitto, la Strage degli Innocenti, la Circoncisione e la Presentazione di Cristo al Tempio. Nella parete di controfacciata, abbiamo due tele raffiguranti l’arcangelo Gabriele e la Vergine, in una disposizione iconografica che ricorda l’annunciazione eseguita da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova nel 1303 – 1305, ma allo stesso tempo ricorda una iconografia di origine quattrocentesca caratterizzata dalla presenza di un libro aperto, che rappresenta le sacre scritture. Tale elemento infatti, lo si riscontra ad esempio nell’Annunciata di Antonello da Messina del 1476 e nel Polittico dell’Agnello Mistico di Jan Van Eyck in cui la Vergine non ha le mani congiunte in preghiera ma le ha incrociate al petto come per proteggere il Dominus Te cum, il Dio incarnato dentro di Lei
Per quanto riguarda le 19 tavole attribuite al Criscuolo, la cui datazione è, insieme alla firma del maestro, riportata in un cartiglio presente nel dipinto Sinite Parvulos, altro elemento di origine quattrocentesca che si riscontra ad esempio nel Ritratto d’uomo eseguito da Antonello da Messina nel 1479, egli dimostra di aver appreso appieno la maniera di Raffaello, della cui pittura aveva appreso i principi presso la bottega di Andrea da Salerno, con il quale Criscuolo aveva collaborato in precedenza nel 1529 al grande polittico dell’Annunziata.
C’è molto dell’arte di Raffaello in Giovan Filippo Criscuolo nell’utilizzo del colore, nell’iconografia del paesaggio nella dinamicità delle figure, come si può notare nel Sinite Parvulos, in cui è raffigurato l’episodio nel quale Cristo accoglie un fanciullo indirizzando il suo sguardo verso di esso come per chiamarlo a lui dicendo alla folla “chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Matteo, 18, 4 – 5); o ancora nel dipinto Il battesimo di Cristo, in cui, come anche nel Sinite Parvulos l’iconografia del Cristo appare molto vicina a quella del Cristo Giudice nel Giudizio Universale di Michelangelo e allo stesso tempo richiama un importante capolavoro della seconda metà del XV secolo eseguito da Giovanni da Gaeta, la Croce sagomata con Cristo crocifisso e la Maddalena, oggi visibile nella basilica cattedrale di Gaeta.
Nella parete di fondo, trovano posto invece l’Adorazione dei Magi nella lunette e al centro quattro tele con i Santi Rocco, Pietro, Paolo e Sebastiano sempre di Giovan Filippo Criscuolo e al centro una Immacolata Concezione, opera del gaetano Scipione Pulzone, risalente al 1582, dinanzi alla quale nel 1849, soleva pregare Pio IX. Fu proprio in questo gioiello d’arte, infatti, che il pontefice ebbe l’ispirazione per la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione.
Le tavole attribuite al Criscuolo ci presentano le figure dei Santi Rocco, Pietro, Paolo e Sebastiano e l’episodio dell’Adorazione dei Magi, legate anch’esse come il resto dei dipinti attribuiti al maestro nell’intera Cappella, ad un’impronta di matrice raffaellesca che contrasta con l’Immacolata Concezione eseguita da Scipione Pulzone nel 1582. Pulzone infatti, si distacca dai principi raffaelleschi appresi dal Criscuolo attraverso l’apprendistato nella bottega di Andrea da Salerno per abbracciare un linguaggio pittorico ed una iconografia del tutto nuova. Questo aspetto, dona all’intera decorazione pittorica della Cappella una veste pluristile. Si può definire infatti la Cappella d’oro di Gaeta un punto di incontro di stili e linguaggi pittorici diversi, una stratificazione culturale, per dirla con le parole di Francesco Abbate, in cui si fondono stili diversi, scuole diverse rivoluzionarie nel modo di dipingere, ma che allo stesso tempo traggono ispirazione da schemi iconografici di epoche precedenti.
Marco Tedesco