L’Annunciata di Antonello da Messina. Alcuni spunti di riflessione sull’origine di una rivoluzionaria iconografia
di Marco Tedesco, storico dell’arte RAM Rinascita Artistica del Mezzogiorno
Nella storia dell’arte, esistono capolavori che continuano a rivelare sorprese. L’Annunciata di Palazzo Abbatellis a Palermo, straordinario dipinto ad olio su tavola eseguito da Antonello da Messina nel 1475, è solo uno dei vari esempi di tali capolavori. Il tema di base dell’opera è quello dell’Annunciazione, un tema che non era un artista del tutto nuovo al maestro, Già infatti nel 1474, Antonello da Messina lo trattò nell’Annunciazione di Palazzolo Acreide, oggi conservata a Siracusa nel museo di Palazzo Bellomo, che venne eseguita per il sacerdote Giuliano Mainuni, in cui Antonello si accosta ad una visione tradizionale dell’iconografia dell’Annunciazione in cui i protagonisti sono l’Angelo e la Vergine e la scena è ambientata un una stanza in cui compaiono elementi architettonici che richiamano il mondo antico come ad esempio le due colonne che delineano la stanza e un architrave decorato con rosette e cartocci.
La prima riflessione che viene da fare tenendo presente lo schema compositivo dell’Annunciata di Palermo è che rispetto all’Annunciazione di Palazzolo Acreide oggi nel museo siracusano di Palazzo Bellomo, nella tavola palermitana Antonello da Messina elimina lo spazio architettonico sostituendolo con un fondo nero, elimina l’angelo e concepisce una raffigurazione della Vergine presa in solitudine, immersa nei pensieri che riempiono la sua mente, simboleggiati allegoricamente dal fondo nero.
Manca inoltre l’interlocutore, l’angelo, ma si può ipotizzare la sua presenza anche solamente immaginandone la voce con la quale dice alla Vergine che lei sta per concepire un Figlio e sta quindi per diventare la madre di Dio. La Vergine, il cui volto è lo stesso della Vergine dell’Annunciazione di Palazzolo, precedente all’Annunciata palermitana, rivolge lo sguardo all’osservatore e mentre con una mano chiude il manto con l’altra lo allontana quasi come per proteggere ciò che lei ha in grembo, il “frutto del suo seno Gesù” secondo una lettura teologica del dipinto.
Il gesto delle mani che Antonello da Messina propone è un gesto che in realtà già si è mostrato nella storia dell’arte italiana sempre nel sud Italia ma in ambiente rupestre pugliese. Per trovare le origini di tale iconografia bisogna infatti recarsi a San Vito dei Normanni nella chiesa rupestre di San Biagio, in cui è possibile ammirare uno splendido affresco del 1196 raffigurante l’Annunciazione, eseguita attraverso l’utilizzo di schemi iconografici tipici della tradizione bizantina influenzati da tradizioni pittoriche locali.
L’autore, forse un certo Daniele stando al nome che compare tra le iscrizioni rinvenute nella chiesa risalenti al 1196, propone uno schema iconografico tradizionale nell’esecuzione della sua Annunciazione ma nella figura della Vergine, che qui appare seduta in trono, anticipa di secoli nella postura i gesti delle mani proposti da Antonello nell’Annunciata di Palermo.
Stando a quanto emerso verrebbe da chiedersi come la tradizione pittorica bizantina abbia influito così tanto sulla pittura di Antonello. Questo aspetto viene spiegato dal fatto che la tradizione bizantina aveva avuto una forte diffusione in tutto il sud Italia ed in particolar modo in Sicilia. Difatti, nel duomo di Monreale troviamo un esempio iconografico molto quasi simile a quello proposto da Antonello da Messina.
Si tratta di una Vergine Annunciata, parte del ciclo di mosaici eseguiti tra il XII e il XIII secolo, la quale come l’Annunciata di Antonello, rivolge lo sguardo all’osservatore e mentre con una mano tende a coprire il grembo protende anch’essa l’altra mano in avanti.
Ancora una volta l’arte italiana ha voluto raccontarci qualcosa, arricchendo la storia di un grande capolavoro di Antonello narrandoci le origini di un’iconografia tanto rivoluzionaria ma allo stesso tempo radicata all’interno di una cultura pittorica che continua a proporsi proiettandosi verso il futuro attraverso forme del tutto nuove.