Luce e Ombra: La Rivoluzione Artistica di Migliaro
Da Napoli a Parigi: Un Viaggio nel Cuore dell’Impressionismo e Oltre
Spesso limitiamo la visione di un’artista a delle pure convenzioni, fissiamo ambiguamente punti di riferimento arbitrari nei quali tentiamo di fare confluire la visione di un’opera o un intero percorso artistico senza approfondire le fonti storiche.
Non voglio esordire dalle frequentazioni di Migliaro presso lo studio di Stanislao Lista, o del Morelli presso l’istituto di Belle Arti di Napoli. Per comprendere l’opera di Migliaro, dovremo partire dalla lettura unitaria delle sue opere. Nel nostro caso, in Porta Capuana, il fulcro è nel controluce, tecnica usata dagli impressionisti francesi e non solo.
Mi ritornano alla mente opere di Corot e di Giacinto Gigante, opere di pura luce, energia creativa che invade paesaggio e figure in composizioni che anticipano l’Impressionismo francese. In Porta Capuana i personaggi colti nella scena del mercato, nella perizia tecnica della composizione, evocano il nostro seicento, in particolare Micco Spadaro dal quale trae le tinte bituminose citate in Emporium dal Pica nel 1916 dove l’opera in visione è stata pubblicata o riportano alla memoria artisti del settecento alla corte dei Borbone, come Antonio Joli e Jakob Philipp Hackert, dai quali Migliaro eredita la teatralità della composizione.
Conosceva bene quelle opere perché esposte nel nuovo Museo di San Martino fondato dal Fiorelli nel 1866. Quando gli venne commissionato dal Comune dei Napoli per San Martino di eseguire tra il 1887 ed il 1893, le sette opere che dovevano fissare nella nostra memoria i luoghi scomparsi poco dopo sotto i colpi di piccone di un parziale risanamento, la storia si infittisce.
Perché Migliaro? La scelta non è nata a caso se pensiamo che Migliaro non sapeva solo dipingere, ma era anche scultore e amava incidere all’acquaforte: da qui la sua visione fissata nella ricerca del vero, nella dovizia dei particolari che spesso si confonde con il termine descrittivismo. Se poi pensiamo ad un Migliaro esiliato a dipingere vicoli scomparsi della sua Napoli, per committenze pubbliche o private, dimenticandoci i suoi viaggi in Europa ed in particolare a Parigi nel 1880, non possiamo comprendere la sua cultura artistica e modernità. Non siamo fuori strada quando notiamo nei suoi paesaggi una certa affinità con De Nittis e Rossano. L’esperienza parigina si ripete nel 1897 quando è invitato ad esporre al Salon. E Renoir, citato non a torto da Paolo Ricci? E’ una fonte in più per comprendere che Migliaro non emulava Renoir, non avendolo mai incontrato, ma sapeva esprimersi con la stessa intensità. Anche se non è stato premiato dal mercato e dai testi di storia dell’arte, Migliaro resta un colto e raffinato artista tra gli artisti. Strano caso vedere dopo 96 anni dalla data della sua pubblicazione quest’opera a colori e poterla visionare da vicino.
Porta Capuana meritava di essere acquisita dal Ministero dei Beni Culturali per essere destinata al Museo di San Martino, ma nonostante i miei ripetuti appelli, ora è in collezione privata. Mi dispiace e mi auguro che un giorno il mio sogno possa realizzarsi.