“Patrimoni da scoprire: gli affreschi della chiesa di San Giovanni a Mare di Gaeta” di Marco Tedesco, storico dell’arte delegato RAM Formia – Gaeta
La piccola chiesa di San Giovanni a Mare, costruita nella parte medioevale della città di Gaeta in provincia di Latina tra l’XI e il XII secolo, racchiude nel suo impianto a tre navate testimonianze autentiche di storia dell’arte italiana.
Dall’ultimo restauro effettuato, sono emerse tracce di affreschi che vanno dal XII al XIV secolo. La particolarità della maggior parte di questa decorazione pittorica rilevata nell’ultimo restauro della chiesa sono tracce di affreschi presenti sulle colonne, risalenti al XII secolo. La chiesa di San Giovanni a Mare di Gaeta non è l’unico caso nella storia dell’arte in cui si ha la presenza di colonne affrascate. Basta infatti recarsi a Betlemme, nella basilica della Natività, anch’essa restaurata di recente, dove si può ammirare il colonnato della navata centrale ancora intatto, o restando in territorio italiano a Lodi nella chiesa di San Francesco.
Della decorazione a fresco delle colonne di San Giovanni a Mare, un esempio è questa Madonna affrescata sulla prima colonna a destra della controfacciata della chiesa.
Nell’affresco della colonna di San Giovanni a Mare, l’iconografia della Vergine che possiamo qui ammirare, con lo sguardo fisso nel vuoto in posizione frontale è tipicamente romanica. Affrescata da un anonimo maestro del XII secolo, la Vergine è qui raffigurata come una regina. Non a caso, come ha sostenuto anche Jacque Le Goff, l’immagine che di Dio era diffusa era quella di Dio visto come Rex e Dominus,Re e Signore, dando in questo modo un’immagine della chiesa vista come un Palazzo Reale, ove re e imperatori sono raffigurazioni terrene di Dio (v. Jacques Le Goff, La civiltà dell’Occidente medievale, ed. Mondadori, I classici della storia, pag. 172-173).
La scuola del Cavallini
Il XIV secolo, ci presenta un richiamo all’arte giottesca, e lo fa attraverso la scuola di Pietro Cavallini, alla quale è attribuito l’interessante affresco della Madonna con Bambino tra i Santi Arcangeli Michele e Gabriele e San Giovanni Evangelista, santo titolare della chiesa, detto anche Madonna del Popolo.
L’affresco, ci presenta la Vergine seduta come una Matrona su un poggio la cui raffigurazione anticipa la tecnica pittorica del trompe-l’oeil utilizzata dai fiamminghi per raffigurare oggetti scolpiti inducendo nell’osservatore l’impressione di essere reali. Tale tecnica pittorica, diverrà nel corso del Quattrocento uno dei cardini della pittura fiamminga. Lo si ritroverà ad esempio nelle opere di Jan Van Eyck, in particolar modo nel Polittico dell’Agnello Mistico conservato a Gand, nella cattedrale di San Bavone.
La posa statuaria della Vergine contrasta con l’irrequietezza del Bambino che gioca con il manto della Madre.
Ai lati della Vergine, vi sono i Santi Arcangeli Michele e Gabriele. L’arcangelo Michele è riconoscibile grazie alla bilancia pesa anime, simbolo molto ricorrente nell’iconografia micaelica, l’arcangelo Gabriele indica con la mano sinistra il Bambino in quanto fu proprio Gabriele ad annunciarne la nascita alla Vergine. Entrambi gli Arcangeli hanno le ali dipinte. Tale aspetto lo si riscontrerà nei secoli successivi nello stesso Van Eyck oltre che nel citato Polittico dell’Agnello Mistico anche nella Madonna del Cancelliere Rolin, in Luca Signorelli negli affreschi della cappella di San Brizio del duomo di Orvieto e in Giovanni Balducci nella seicentesca tela conservata nella chiesa di Sant’Anna di Lagonegro, la Madonna con Bambino tra i Ss. Biagio e Giuseppe.
Alla destra dell’osservatore, vicino all’arcangelo Gabriele, vi è il santo titolare della chiesa, San Giovanni Evangelista, raffigurato secondo l’iconografia tradizionale con manto rosso e tunica verde, che reca in mano il suo Vangelo aperto come per mostrarlo all’osservatore.
L’attribuzione di questo affresco alla Scuola di Pietro Cavallini, è dovuta al fatto che la raffigurazione delle mani dei personaggi ricalca lo stile degli affreschi della Cappella Brancaccio della chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli, commissionati a Pietro Cavallini, dal Cardinale Landolfo Brancaccio nel 1308. Cavallini, che al suo arrivo a Napoli fu ospite di Carlo II d’Angiò, intreccerà un rapporto lavorativo con la corte partenopea che lo legherà alla famiglia angioina fino a oltre il 1317.
Sulla base di questi dati, si potrebbe dunque ascrivere la datazione dell’affresco della Madonna con Bambino tra i Santi Arcangeli Michele e Gabriele e San Giovanni Evangelista alla prima metà del XIV secolo.
Conclusioni
Con gli affreschi qui presi in esame, Gaeta offre un importante contributo alla storia dell’arte italiana: una pagina di storia della nostra civiltà artistica che va ad ampliare i tesori dell’arte italiana, che non smette mai di rivelarci soprese.
Marco Tedesco