“Tesori del museo civico Gaetano Filangieri principe di Satriano: la seicentesca “Testa del Battista” di Jusepe de Ribera” di Marco Tedesco, storico dell’arte RAM RINASCITA ARTISTICA DEL MEZZOGIORNO

Il museo civico Gaetano Filangieri, è uno dei cuori palpitanti della cultura artistica partenopea. Ospitato nel quattrocentesco Palazzo Como, ospita nelle sue sale espositive l’interessante collezione di dipinti e sculture appartenuta al principe di Satriano Gaetano Filangieri, collezionista e storico dell’arte che acquistò nel 1883 la facciata di Palazzo Como e ne ristrutturò gli interni destinando il palazzo ad ospitare le opere d’arte da lui collezionate. Nacque cosi nel 1888 il museo civico Gaetano Filangieri principe di Satriano.

Nella vasta collezione di opere d’arte appartenute al principe Filangieri, composta da significativi capolavori dell’arte italiana, non potevano mancare esempi dell’arte caravaggesca, con riferimento a Jusepe de Ribera, il più importante seguace di caravaggio a Napoli, attraverso le cui opere si avvicinarono al caravaggismo importanti pittori del XVII sec. come ad esempio i fratelli Fracanzano.

Il dipinto di cui ci si occuperà in questa sede è la testa del Battista, dipinto attribuito a Jusepe de Ribera, datato al XVII sec., oggi conservato nel Museo Civico Gaetano Filangieri.

Jusepe de Ribera (attr.), Testa del Battista, olio su tela, XVII sec., Napoli, Museo Civico Gaetano Filangieri

Jusepe de Ribera, Testa del Battista, olio su tela, 1646, Napoli, Museo Civico Gaetano Filangieri

 

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Decollazione del Battista, olio su tela, 1608, Malta, La Valletta, Concattedrale di San Giovanni

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Decollazione del Battista, olio su tela, 1608, Malta, La Valletta, Concattedrale di San Giovanni

 

Questa composizione così semplice ma intrisa di drammaticità, altro non è che una versione alternativa di un soggetto rappresentato nella storia dell’arte da Caravaggio che è la decollazione di San Giovanni Battista, la cui testa venne richiesta, spinta da Erodiade, da Salomè al padre Erode come premio per aver danzato durante il banchetto.

Nel dipinto qui preso in esame, non si assiste come nella splendida Decollazione di Malta al martirio che si sta compiendo nel cortile della prigione, in cui l’osservatore si ritrova idealmente ad assistere alla cruenta scena. Nel dipinto attribuito a Ribera, tutto è già avvenuto, il martirio si è appena compiuto. La testa di San Giovanni mozzata, di cui vediamo ancora il sangue che sgorga, è presentata all’osservatore adagiata su un vassoio poggiato sul piano di un tavolo, con in primo piano la spada del martirio avvolta per metà da un lenzuolo bianco. Il tutto è reso ancor più drammatico come avviene nella Pietà di San Martino dalla luce, che qui evidenzia l’aspetto cadaverico della testa mozzata del santo attraverso una esasperazione dei principi della rivoluzione pittorica del movimento caravaggesco, facendo della tragicità di Caravaggio il punto di forza della sua pittura.

 

Jusepe de Ribera, Pietà, olio su tela, 1637, Napoli, Certosa e Museo Nazionale di San Martino

Jusepe de Ribera, Pietà, olio su tela, 1637, Napoli, Certosa e Museo Nazionale di San Martino

 

Il particolare del sangue, ci ricorda un altro bellissimo soggetto con lo stesso tema centrale: la Giuditta che decapita Oloferne della straordinaria pittrice Artemisia Gentileschi, oggi conservata al Museo di Capodimonte di Napoli.

Artemisia Gentileschi, Giuditta che decapita Oloferne, olio su tela, 1612-1613

Artemisia Gentileschi, Giuditta che decapita Oloferne, olio su tela, 1612-1613

 

 

Tutto questo ci fa capire che la Testa del Battista del Museo Civico Gaetano Filangieri è del tutto ascrivibile alla prima metà del sec. XVII. Il recente restauro, infatti, ha riportato alla luce non solo la firma del maestro ma anche l’anno di esecuzione, 1646. Napoli, all’epoca sotto il dominio del viceregno spagnolo, era in quegli anni il punto focale della conoscenza dei principi dell’arte di Caravaggio, grazie alla presenza di grandi capolavori del maestro in città come ad esempio Le sette opere di misericordia, dipinto commissionato al Merisi nel 1607 per la chiesa del Pio Monte della Misericordia, ove ancora tutt’oggi può essere ammirato, ma era allo stesso tempo una città provata da tumulti causati da tasse sempre più gravose imposte dal vicerè dell’epoca Don Rodrigo Ponce de Leon, duca d’Arcos. Tumulti che l’anno successivo portarono il giovane pescatore Masaniello a incitare il popolo napoletano alla rivolta contro il governo vicereale.

 

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Le sette opere di misericordia, olio su tela, 1607, Napoli, chiesa del Pio Monte della Misericordia

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Le sette opere di misericordia, olio su tela, 1607, Napoli, chiesa del Pio Monte della Misericordia.

 

Con la Testa del Battista del Museo Civico Gaetano Filangieri, si ha la possibilità (e ci si augura di poterla continuare ad avere in futuro) di assistere ancora una volta allo sviluppo del rivoluzionario linguaggio pittorico di Caravaggio in terra partenopea grazie all’avvicinarsi ad esso di Jusepe de Ribera, che contribuirà alla diffusione del caravaggismo partenopeo insieme ad altri grandi nomi della pittura napoletana tra cui Artemisia Gentileschi (figlia del pittore caravaggesco Orazio Gentileschi, amico del Merisi), Battistello Caracciolo (che si avvicinò alla pittura caravaggesca durante la permanenza di Caravaggio a Napoli), e Mattia Preti (il quale si avvicinò alla conoscenza delle tecniche della pittura di Caravaggio a Roma, ove si trasferì nel 1630).

 

Battistello Caracciolo, La liberazione di San Pietro, olio su tela, 1615, Napoli, chiesa del pio Monte della Misericordia

Battistello Caracciolo, La liberazione di San Pietro, olio su tela, 1615, Napoli, chiesa del pio Monte della Misericordia

 

Mattia Preti, Ritorno del figliol prodigo, olio su tela 1658, Napoli, Museo di Palazzo Reale

Mattia Preti, Ritorno del figliol prodigo, olio su tela, 1658, Napoli, Museo di Palazzo Reale

 

Grazie dunque a Ribera, ad Artemisia Gentileschi, a Battistello Caracciolo, a Mattia Preti ed altri grandi maestri dell’epoca, oggi possiamo capire come si sia evoluto e diffuso il linguaggio pittorico di Michelangelo Merisi da Caravaggio nella città partenopea. Un linguaggio che cambiò per sempre la storia della pittura europea del XVII sec.

 

 

 

Marco Tedesco

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